L’Ultimo Giorno del Papa Re
Il combattimento ebbe inizio alle prime luci dell’alba, poco dopo le 5 del mattino. Dall’avamposto pontificio di villa Patrizi partirono alcune scariche di fucileria contro le truppe avversarie schierate a Villa Albani. Era martedì 20 settembre 1870; Roma, sede del sovrano pontefice fin da tempi antichissimi, era circondata da cinque divisioni del neonato Regno d’Italia, cinquantamila uomini. Il combattimento durò circa cinque ore. Alle 10 sulla cupola di san Pietro veniva issata la bandiera bianca. Varcando una breccia aperta a cannonate nelle venerande mura aureliane vicino a Porta Pia, i bersaglieri irruppero a passo di carica, Roma era finalmente unita al resto della penisola e sarebbe diventata (dopo Torino e Firenze) capitale del Regno.
Antonio Di Pierro nel suo L’ultimo giorno del papa re (Mondadori) ricostruisce ora per ora quella giornata, storica quante altre mai. Come si era arrivati a sfidare il papato e quel papa in particolare? Pio IX, liberale all’inizio del pontificato, era diventato un difensore strenuo del potere temporale. Già nel 1849, approfittando della protezione di Luigi Napoleone, aveva chiamato le truppe francesi per annientare la Repubblica romana. Nel 1870 però Napoleone (III) non era più al potere, sconfitto a Sedan dai prussiani, e non poteva fare più nulla per il papa. Il quale è asserragliato in Vaticano, ha appena costretto un concilio dimezzato ad approvare il dogma dell’infallibilità pontificia e non vuole cedere un pollice del suo potere, come molti episodi narrati da Di Pierro dimostrano. Uno per tutti: quando i pontifici si ritirano dal palazzo del Quirinale chiudono a chiave tutte le porte. Vogliono che i portoni vengano sfondati, per rendere manifesta la violenza che il papa sta subendo.
Mentre crepita la fucileria Pio IX spera che una qualche potenza straniera agisca su Vittorio Emanuele II per salvare il suo regno; e anche quando Roma è ormai presa continua a sperare che diventi presto possibile una restaurazione del potere temporale, com’era accaduto dopo la Repubblica romana e l’esilio di Gaeta. Di Pierro viene dal giornalismo e si vede nella trattazione dell’argomento: la vivacità del resoconto cronistico s’accompagna all’accurata descrizione delle reazioni suscitate dalla “breccia”: la nobiltà nera fedele al papa resterà chiusa a lungo nei suoi palazzi. Il popolino assiste con passività plebea all’arrivo dei nuovi occupanti, o liberatori. Solo pochi intellettuali vedono finalmente realizzato il sogno di Cavour, Garibaldi, Mazzini.